Il motore di ricerca degli studiosi di Seneca
Personaggio: Ettore
Seneca tragico e il popolo in scena: il caso delle Troades
“tragedia di popolo” TRD è l’unica tragedia di S. dove i singoli personaggi sono parte di un dramma collettivo: il coro è perciò spesso spettatore ed eco delle loro sventure e lamentazioni e perciò coprotagonista della tragedia
Le “fragili” architetture di Troia nelle Troades senecane. Tra metafora e metateatro
classificazione delle immagini architettoniche di TRD, strettamente legate agli aspetti metateatrali della tragedia: mediante la torre di Troia – palcoscenico per il sacrificio di Astianatte e Polissena – S. allude all’inevitabile precipizio della sorte (valido tanto per Troia quanto per Roma), rinvenibile anche nel contrasto tra rovine e fumo del presente e il fasto antico
A proposito di Seneca tragico
I. uso particolare del verbo agnosco; II. somiglianze di struttura e di vocabolario tra GMM 589-658 (soprattutto 627-631; ricordo dell’entrata del cavallo in città) e Verg. A. II, 234-249 (episodio dell’ingresso del cavallo a Troia) e tra TRD 438-488 (sogno di Andromaca con apparizione dell’ombra di Ettore) e A. II, 268-297 (sogno di Enea); meccanismi dell’imitazione in S
Supernatural influence upon Hector and Astyanax in Seneca’s Troades
TRD come tentativo di rompere le relazioni soprannaturali tra Ettore, Troia e Astianatte
On the Second Choral Ode of Seneca’s Troades
interpretazione della seconda ode corale di TRD (vv. 371-408), contenente la negazione dell’esistenza di una vita dopo la morte, contrastante con l’atteggiamento del coro nel resto del dramma; analisi del secondo coro: tra la domanda circa la vita dopo la morte (A, 371-381) e la risposta negativa (A’, 397-408), si inseriscono l’immagine che richiama l’ekpyrosis (B, 382-389) e la similitudine di fumo e nuvole dispersi dal vento (B’, 392b-395), comprendente al centro la sententia che i morti non sono in alcun luogo (C 390-392a); B e B’ sono strettamente connessi e spiegano i pensieri del coro; entrambe le immagini sono suggerite dalla caduta di Troia (per B’ cf. TRD 17-21; 1053-1055; Aisch. A. 818; Eur. Tr. 1298-1299; 1320-1321): si deduce che il coro è giunto alla saggezza circa vita e morte dopo aver vissuto l’esperienza della caduta di Troia; confronto con l’atteggiamento di Andromaca, ridotta all’apatia in seguito alla morte di Ettore e incapace di piangere (409-417), di Ecuba e del popolo nell’atto V, a differenza del quale le donne troiane sono eruditae e doctae (con riferimento alla dottrina esposta nel secondo coro)
Life after death in Seneca’s Troades
stoicismo, oi)kei/wsij, sopravvivenza nei propri figli e sogni profetici in TRD
Forme riflessive nelle tragedie di Seneca
Studio linguistico: analisi delle forme verbali riflessive nelle tragedie di S., per valutarne la consistenza, l’originalità e il significato (partendo dal presupposto che nella prosa S. ne fa un uso cospicuo e caratteristico come “linguaggio dell’interiorità”). Le forme sono divise in categorie (verbali e nominali, quelle verbali in dirette e indirette) e analizzate, inserendole in un quadro stilistico e corredandole di riferimenti ad altri passi di S. e ad altri autori. Si conferma il prevalere del riflessivo sul mediopassivo nella lingua latina e la preferenza di S. per questo strumento; sul piano stilistico, le forme riflessive rivelano un ripiegamento dei personaggi senecani sull’abisso della propria anima
The lexical expression of stage movement in Latin theatre
Nonostante nei drammi latini manchino le indicazioni di scena, nel testo dei drammi è presente un sistema codificato di verbi, preverbi e avverbi, che indicano rispettivamente le varie forme dell’entrare in scena, del muoversi in scena, dell’uscire di scena (rassegna delle locuzioni e analisi di alcuni casi specifici, spec. da Plauto e Terenzio). Tale sistema non risale ai latini ma traduce un corrispondente sistema greco. Il fatto che nelle tragedie di S. non siano presenti indicazioni di tal genere dimostra che esse fossero composte per la recitazione piuttosto che per la rappresentazione
Finale di tragedia: il destino di Ippolito dalla Grecia a Roma
Analisi della parte finale di PHD, relativamente alla parte della morte di Ippolito; esame delle divaricazioni più notevoli tra l’Ippolito euripideo e il finale di tragedia di S.: mentre la lysis euripidea ha una funzione distensiva dopo il trauma del riconoscimento, in S. la sezione si trasforma in un prolungato rito funebre, che perpetua il dolore in modo crudele e privo di pietas; il motivo dello scempio del cadavere si ritrova in Leucippe e Clitofonte di Achille Tazio (morte di Caricle) e nel XV libro delle Metamorfosi di Ovidio (Ippolito-Virbio); lo sparagmós di Ippolito ha un precedente nelle Baccanti di Euripide. L’A. non esclude la possibilità di una fonte diretta greca perduta alla base della PHD, oppure di un intermediario latino come Accio; afferma però che S. risente anche della familiarità dei Latini con le descrizioni ricche di pathos e con l’immaginario collettivo del presente legato alle guerre civili. Inoltre sottolinea l’importanza dell’antiteismo della tragedia di S. e la sua differenza dall’Ippolito euripideo: in S. il gesto paterno della ricomposizione delle membra sembra destinato a perpetuare la ricerca della pacificazione interna del personaggio
Time and Event in Seneca’s Troades
problemi interpretativi di TRD; ambivalenza psicologica di molti personaggi; lo scarto rispetto alle fonti; il concetto di “dramma recitativo”; relazioni tra le scene e i tempi dell’azione e tra ordine dei fatti reali e ordine artistico; l’immortalità dell’anima; il soprannaturale; la paura del tempo; il teatro di S. è completamente nuovo e richiede di essere interpretato tenendo conto dell’influenza della pantomima